Firenze romana

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La storia di Firenze preromana e romana costituisce ancora un capitolo aperto, pieno di incognite e di problemi da chiarire. Come accade frequentemente nei centri urbani, la continuità insediativa ha spesso comportato l’obliterazione delle testimonianze relative al passato, questo non significa però una “cancellazione” delle tracce di ciò che è stato, ma indica, al contrario, che il passato ha informato il presente. Osservando una foto aerea di Firenze risulta evidente che la struttura della colonia romana ha determinato il successivo sviluppo della città, tanto che, dalla lettura dell’attuale strutturazione edilizia, è possibile risalire all’impianto urbanistico antico.

Peraltro, il tentativo di recuperare, almeno in parte, le testimonianze antiche tramite lo scavo stratigrafico è un’esperienza piuttosto recente. In precedenza, soprattutto negli ultimi decenni dell’Ottocento, non essendo accompagnate dallo scavo e dallo studio scientifico, le opere che hanno intaccato il sottosuolo fiorentino (fondamenta di edifici, condotte sotterranee ecc.) hanno spesso cancellato per sempre le tracce del passato. Così, le fonti archeologiche si riferiscono essenzialmente agli interventi effettuati in città durante la ricostruzione postbellica, mentre i recenti scavi in Duomo e in Piazza della Signoria hanno fornito una serie ricchissima di dati sulla storia di Firenze, dalle origini al Medioevo, dati che, per buona parte, sono ancora in corso di studio.

La colonia romana di Florèntia viene fondata sulla riva destra del medio corso dell’Arno, in un’area pianeggiante che era già stata frequentata in periodo villanoviano (a partire dal IX sec. a.C.): la presenza di un guado sul fiume aveva favorito questo stanziamento, anche se la zona era paludosa (molti affluenti sboccavano presso tale punto; inoltre l’area era pittosto bassa e l’Arno, a occidente della città, si divideva probabilmente in varie ramificazioni). Le colline a nord dell’Arno risultavano più idonee allo stanziamento, come testimonia l’insediamento villanoviano di Fiesole; inoltre erano salubri, adatte alla produzione agricola e dominavano il sottostante fondovalle.

Con l’espansione romana verso l’area padana, l’abitato del II sec. a.C., -che sorgeva nel cuore del sito della futura Florèntia- raggiunse una certa prosperità. Non è sicuro il rapporto fra questo insediamento e il percorso della Cassia: provenienti da est sono ricordati due diversi tracciati successivi. Mentre il più antico (Cassia Vetus) attraversava l’Arno nei pressi di Arezzo, quello più recente (Cassia Nova) passava il fiume circa all’altezza di Ponte Vecchio. Il percorso della Cassia Nova fu presumibilmente una conseguenza, non una causa, dell’accresciuta importanza di Florèntia.

Incerta è la data della fondazione della colonia, attribuita ora a Silla (82-79 a.C.), ora a Giulio Cesare (intorno al 59 a.C.), ora a Ottaviano (al tempo del Secondo Triumvirato, 42 a.C.): siamo comunque nell’ambito del I sec. a.C. Ultimamente si tende a collocare la fondazione di Florèntia nella prima età augustea (ottavo-nono decennio del I secolo a.C.), dopo che era stata effettuata un’opera di bonifica della pianura, voluta forse da Giulio Cesare. L’ impianto della colonia ripropone il modello classico dell’urbanistica romana: si sviluppa su un’area di circa 480 x 420 metri, cinta da mura e orientata secondo i punti cardinali (non secondo il corso dell’Arno). La rete stradale interna, delimitata da ìnsulae (isolati) di 60 x 60 metri circa., è organizzata ortogonalmente intorno agli assi principali: il cardo màximus (da nord verso sud, le attuali via Roma e Calimala) e il decumanus maximus (da est a ovest, corrispondente al Corso, via degli Speziali, via Strozzi). La centuriazione della campagna circostante seguiva invece un allineamento parallelo al corso dell’Arno. È scientificamente accertato, da dati archeologici, che la mancata corrispondenza tra l’impianto astronomico della città (Nord-Sud,Est-Ovest) e quello, divergente di 45°, della centuriazione del territorio occidentale (NordEst-SudOvest, NordOvest-SudEst) derivi dalla sistemazione idrogeologica e agricola della piana di Sesto Fiorentino, risalente alla più antica epoca etrusca (VII – VI sec. a.C.), che seguiva l’andamento dei corsi d’acqua che scendevano dai rilievi soprastanti. Nel punto di restringimento dell’Arno, fu costruito un ponte, in corrispondenza della direttrice di via Calimala (cardo maximus), che partiva proprio dall’attuale piazza del Pesce.

Il ponte, inizialmente in legno e obliquo al corso del fiume per meglio sostenere la spinta delle piene, viene ricostruito nel II sec. d.C. in seguito all’aumentato traffico convogliato dalla Via Cassia Adrianea. Sarà distrutto solo quattro secoli dopo, per cause belliche e alluvionali.

Le aree cimiteriali di Florèntia sorgono fuori dalle mura, lungo le strade principali. Una delle necropoli di maggior estensione, già in uso alla metà del I sec. a.C., si trovava lungo il tratto della via Cassia posto in direzione di Pistoia: resti di questa necropoli vennero alla luce nel XVI sec., durante gli scavi per l’edificazione della Fortezza da Basso e nel XIX sec. con la costruzione del ponte della ferrovia, al Romito. Nei primi decenni del II sec. d.C., probabilmente sotto il principato di Adriano (che realizzò il nuovo percorso della via Cassia), Florèntia conosce una grandiosa ristrutturazione urbanistica. Infatti alla prima fase augustea, con diffuso utilizzo di pietra locale e di cocciopesto, seguì una serie di costruzioni con largo uso di marmi.

Dall’età tetrarchica, con la riforma amministrativa di Diocleziano, Florèntia fu capitale della Regio (“Regione”) di Tuscia e Umbria. Il vescovo milanese Ambrogio nel 393 consacrò la prima cattedrale cristiana extramuraria di San Lorenzo, edificata sul luogo in cui si trovavano alcune tabèrnae romane che si affacciavano sul prosieguo del cardine massimo. Sono quest’ultime la testimonianza dell’espansione di Florèntia -in età imperiale- lungo i “borghi”, stendentisi fuori dalle porte della cerchia urbica coloniale. Il culto cristiano a Firenze ha il suo sviluppo sulla sponda sinistra dell’Arno: sul monte di San Miniato (Mons Florentinus) e sulle sue pendici. Nel luogo della chiesa di Santa Felicita, vi è un cimitero cristiano sotterraneo scavato alle falde collinari di costa San Giorgio. Dell’antico cimitero sono state rintracciate numerose lapidi, ora esposte nell’androne a destra della chiesa. Alcune sono scritte in greco e testimoniano la presenza di una comunità di mercanti siriaci ellenizzati pervenuti via mare, approdando alla foce dell’Arno, oppure arrivati da Roma per la via Cassia Adrianea.

La chiesa paleocristiana fu fondata verso la fine del IV sec. all’estremo opposto di San Lorenzo: sono questi i due poli opposti del cristianesimo fiorentino, uno a nord e l’altro a sud, ambedue fuori le mura che delimitavano la città ancora pagana. Intorno al V-VI sec. d.C. sorsero due imponenti basiliche, anch’esse situate in posizione simmetrica e contrapposta: la prima basilica di Santa Reparata e Santa Cecilia.

A partire dal V sec. si assiste a una “decadenza” irreversibile per la città, che stravolgerà l’assetto urbano e la società del tempo. Durante il VI sec. si assiste ad un largo spopolamento, in seguito all’occupazione gotica e alla guerra gotico-bizantina: la città si riduce ad un nucleo fortificato, ma non scomparirà mai del tutto.
Nascita e formazione del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Firenze e le correnti culturali a metà dell’800
Il Museo Archeologico Nazionale nasce e si forma in un periodo di intensa attività intellettuale e politica nella Firenze capitale della neonata nazione italiana.
In Europa il pensiero filosofico e le correnti culturali europee cercavano di indirizzare i sentimenti dei popoli che attraverso aspri scontri dovevano ora organizzarsi e identificarsi in un ideale comune. D’altro canto, il rapporto di Firenze con le vestigia del passato era reso esclusivo e particolare proprio dal carattere di tali testimonianze: la città, infatti, era ricca di luoghi che nei secoli avevano contenuto, e in qualche caso cominciato a catalogare, i più disparati repertori del sapere umano, da quello storico-artistico a quello scientifico. Già nel 1853 la Galleria degli Uffizi era stata aperta al pubblico, che poteva ammirare, accanto a statue romane e quadri secenteschi, anche i reperti antichi con cui i membri della famiglia Medici avevano tracciato un filo rosso dai lucumoni etruschi ai granduchi toscani di un territorio che, per corrispondere parzialmente a quello etrusco, sconfinava nei possedimenti papalini.
Sono perciò gli Uffizi a presentarsi, a Firenze, come il primo istituto museale in un’accezione moderna, con il biglietto d’ingresso – gratuito la domenica – custodi preposti alla accoglienza e vigilanza ed etichette didascaliche. Tale spirito innovativo nella presentazione e fruizione dell’oggetto antico si inserisce nella più grande corrente del pensiero positivista: in Italia in questo periodo si viene infatti delineando un sistema di musei locali, nati da un rinnovato interesse delle comunità per il proprio passato e dai risultati delle ricerche scientifiche, e di musei a carattere nazionale sorti sulla spinta delle esigenze di una politica centralizzatrice.
A Firenze la temperie culturale porta all’apertura dell’Istituto di Studi Superiori, una sorta di scuola di perfezionamento, accolta poi nel sistema accademico, oppure alla fondazione di riviste scientifiche e letterarie, la “Nuova Antologia” e il quotidiano “La Nazione”; nel 1865 apre i battenti la casa editrice Le Monnier e nel 1868 viene fondata la Biblioteca Nazionale (inizialmente nei locali amministrativi della Galleria degli Uffizi). In questo clima si cerca di rinnovare l’assetto delle collezioni artistiche e scientifiche presenti nella città: nei musei scientifici c’è una maggiore attenzione all’aspetto didattico, sono forse quelli che più direttamente beneficiano del rinnovamento positivista. All’allestimento dei musei di carattere storico o storico-artistico si dispone una commissione nominata nel 1860, cui una legge del 1866 facilita il compito inducendo le congregazioni religiose a consegnare allo Stato gli oggetti, arazzi, statue, dipinti e libri, raccolti nei secoli.
La formazione dei nuovi musei è legata ai lavori dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze: se con l’impostazione idealista, infatti, si cercava nel museo un tempio consacrato a valori imprescindibili testimoniati dagli oggetti del passato e del presente, con quella positivista si tentava di seguire lo sviluppo storico di una cultura e di una civiltà cercando la complicità tra il luogo di studio e il laboratorio in cui applicare le teorie elaborate: il museo diventa perciò una scuola pratica e di apprendimento al servizio dei professori e degli studenti dell’Istituto.
Nacquero così, negli stessi anni, il Museo di Storia Naturale, l’Orto Botanico, il Museo di Psicologia, il Museo di Antropologia e di Etnografia.
La ricerca e il museo archeologico mantennero anche un’importanza politica: se il “genio” italiano e fiorentino si ritrovavano analizzati e offerti al pubblico nei musei di impostazione scientifica, lo spirito di comunanza politica che stava nascendo doveva essere rafforzato dalla conoscenza approfondita del passato remoto, dei popoli che avevano abitato l’Italia e ne avevano preparato l’avvento come Nazione.