Il rito funerario in Grecia nelle decorazioni vascolari del Museo Archeologico di Firenze

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“All’alba tu, Agamennone, signore di popoli, da’ ordine che portino legna e preparino quanto è necessario ad un morto perché possa discendere nell’ombra nebbiosa e il fuoco indomabile rapidamente lo bruci e dissolva”
Omero, Iliade libro XXIII, vv. 50-51

Il rito funerario in Grecia conosce forme diverse nel corso dei secoli, con caratteristiche legate a volte a tradizioni locali. Nella lettura dei poemi omerici, in particolare dell’Iliade, sono descritte grandiose cerimonie funebri, con il morto splendidamente abbigliato e adagiato su una pira, con offerte a lui dedicate, talvolta anche cruente, con pianti e canti funebri, infine con giochi di abilità e destrezza e imponenti banchetti organizzati per meglio rendere omaggio al personaggio illustre.
La maggior parte dei vasi e degli oggetti che riempiono le sale dei musei archeologici del mondo occidentale deriva da scavi di tombe di cui costituiscono i corredi funebri: l’analisi dei contesti, unitamente al confronto con le testimonianze letterarie della poesia epica o lirica, con i testi epigrafici di leggi specifiche e alcuni lessici sia greci che romani, ha permesso di delineare gli usi e costumi dei diversi centri greci così come si evolsero nel corso dei secoli.

I corredi funerari
Le trasformazioni dell’aspetto esteriore della tomba si accompagnano ai cambiamenti nell’uso degli oggetti da deporre accanto al defunto e naturalmente al tipo di sepoltura: i riti più antichi sembrano aver privilegiato la cremazione, mentre in età classica si diffonde in Grecia la pratica dell’inumazione e nel IV sec. a.C. è difficile individuare una scelta prevalente.

L’esistenza del corredo funerario è connaturata all’idea stessa di sepoltura: accanto al defunto si depongono alcuni oggetti che, più che svolgere una funzione pratica per un ipotetico utilizzo nella vita oltre la morte, servono al momento del rito per indicare chiaramente a chi vi partecipa l’identità del morto, il suo ruolo nella società. Durante il rito della sepoltura i parenti riuniti attorno alla tomba vi depongono alcuni oggetti e, a volte, ne raccolgono altri in una fossa poco lontano, dedicandoli al defunto: nel corso dei secoli si assiste a una diminuzione del materiale tombale a favore di quello della fossa per offerte (nota nella letteratura archeologica con il termine tedesco Opferrinnen). Nell’VIII sec. a.C. c’è una maggiore attenzione al corredo rispetto alla parte visibile della tomba, mentre tra il VII e il VI sec. a.C. prende il sopravvento l’aspetto monumentale della tomba a scapito, così sembra, della ricchezza degli oggetti deposti insieme al morto, mantenendo invece piuttosto elevata la qualità dei vasi delle “Opferrinnen”; in età classica la stele funeraria diventa un manifesto della vita del morto, non solo con epitaffi toccanti ma con le immagini stesse che raffigurano il cittadino probo e la donna esempio di specchiata virtù. Le leggi suntuarie intervengono di tanto in tanto a limitare ostentazioni e sprechi e quelle più note rimangono le leggi soloniane (VI sec. a.C.), riprese dalla legge Ioulis nel V sec. a.C. e poi da un altro decreto nel IV sec. a.C.: l’interesse del legislatore è volto non solo a un aspetto morale del costume ma anche e soprattutto a norme igieniche, limitando alcuni usi tradizionali che, tenendo aperta la casa alle visite al defunto, esponevano parenti e amici a contaminazioni pericolose.

Pur nella molteplicità di casi specifici e nelle tante trasformazioni rituali, la tipologia dei vasi dedicati al defunto presenta nella stragrande maggioranza vasi da banchetto, vasi potòri o piatti per offerte di cibo, contenitori per vino o acqua, strumenti tipici della riunione conviviale. Il banchetto funebre costituiva infatti un uso imprescindibile del rito funerario di qualsiasi epoca: nelle necropoli ateniesi sono stati ritrovati interi servizi da tavola, in Argòlide (regione nordorientale del Peloponnèso) il vaso potorio è deposto accanto alla testa del defunto in alcune tombe a inumazione, a Sìndos (nella Macedonia greca) fanno parte del corredo vere e proprie riproduzioni fittili, miniaturistiche, di banchettanti. Le fasi salienti del funerale prevedono infatti che parenti e amici si riuniscano attorno alla salma del defunto esposto al compianto (pròthesis) e quindi la accompagnino (ekphorà) fino al luogo della sepoltura (entophé), dopodiché modi e tempi dell’inumazione e del lutto possono variare a seconda dei luoghi e delle epoche, ma il banchetto rimane il costante epilogo della riunione funebre e serve a cementare l’unione dei partecipanti, ribadendo il proprio ruolo all’interno della comunità della pòlis e omaggiando quello del morto.

Un percorso tematico nella ricostruzione del rito funebre in Grecia, e specialmente in Attica, attraverso i corredi funerari, quindi, si interseca inevitabilmente con quello del banchetto.