Il Sarcofago delle Amazzoni: l’incontro tra due civiltà

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Il Museo Archeologico Nazionale di Firenze ospita uno degli esempi più interessanti dell’incontro tra le due civiltà etrusca e magnogreca: un sarcofago, infatti, rinvenuto presso Tarquinia, destinato chiaramente ad una defunta etrusca, ma decorato in maniera sapiente da una mano che molto deve alla tradizione pittorica greca e magnogreca. Qui di seguito riportiamo una scheda analitica del monumento con un’ampia trattazione delle più recenti teorie che cercano di individuare la genesi del sarcofago.

N. inv. 5811; esposto in SALA 8
Dimensioni: lungh. m 1,94; largh. m 0,62; alt. m 0,50, con il coperchio m. 0,71
Provenienza: Tarquinia (rinvenimento 1869).
Stato di conservazione: il sarcofago, in marmo, è pressoché integro, ma in alcuni punti le pitture sono lacunose e non chiaramente leggibili. Il sarcofago è stato ritenuto in un primo tempo di un marmo speciale volterrano, mentre invece sia il coperchio che la cassa sono costruiti nello stesso marmo a grana grossa, probabilmente proveniente dal bacino orientale del Mediterraneo. (Si parlava in un primo tempo di alabastro, perché il marmo del sarcofago ha avuto una politura tale che le teste femminili ai lati del frontone del coperchio, sotto la luce, sembrano addirittura trasparenti). Sul marmo poggia direttamente il colore senza nessuno strato intermedio, secondo la tecnica della pittura a tempera.
Datazione: terzo quarto del IV secolo a.C.

Decorazione: Il coperchio del sarcofago, a forma di tetto a doppio spiovente, ha sopra i lati corti due teste femminili unite da una palmetta in posizione orizzontale alla scena centrale, che rappresenta Atteone accosciato sulla gamba destra e con la sinistra distesa, entrambe addentate da cani sulle cui groppe Atteone poggia le braccia tese. Il corpo del sarcofago è arricchito da motivi decorativi dipinti: il fregio figurato è inquadrato superiormente da una sorta di kymation lesbio (una modanatura con foglie a doppia profilatura a forma di cuore, alternate a punte di freccia) le cui “foglie” mostrano nella parte centrale, in senso verticale, un ritocco bianco (qua e là conservato), per indicare il maggiore aggetto e la conseguente esposizione alla luce; subito sotto è dipinta una fila di ovoli e astràgali e qui la rotondità degli ovoli è ottenuta mediante una prima velatura che ne segue i margini, poi con una forte linea di contorno che è data solo nella parte inferiore. In basso, infine, la cornice, che costituisce la linea d’appoggio delle figure, è formata da una serie di elementi quadrangolari, visti dal basso, simili a cassettoni, il cui punto focale è da ricercare nell’elemento di centro.

Soggetto: tutti i lati del sarcofago sono dipinti con scene amazzoniche, iscritte, come abbiamo detto sopra, in una cornice sottolineata da motivi architettonici, alcuni dei quali sono dipinti anche sul coperchio. In uno dei lati lunghi vediamo avanzare verso il centro da una parte e dall’altra una quadriga con sopra due Amazzoni, in lunga veste femminile, trascinate con impeto da quattro cavalli bianchi che travolgono un guerriero nella loro corsa. La composizione che si svolge su un fondo unito è perfettamente simmetrica: ai lati le due quadrighe, poi al centro, rispettivamente, un oplita caduto e un guerriero vicino ai suoi piedi. La scena è vivacissima e sapientemente coordinata: infatti la forza centripeta, che conduce lo sguardo dalle quadrighe verso il centro, è equilibrata da quella centrifuga, prodotta dagli opliti al centro, in posizione obliqua, rivolti verso i cavalli, in modo da respingere di nuovo l’attenzione verso le due estremità laterali. A questa scena corrisponde nel lato opposto una mischia fra guerrieri ed Amazzoni a cavallo. La scena è incorniciata da due pilastri che ritornano anche nelle parti laterali in cui è un gruppo di tre figure, consistente rispettivamente su un lato di un guerriero caduto tra Amazzoni e sull’altro di un’Amazzone fra due opliti. Le varie scene mostrano caratteristiche comuni per cui si possono pensare come eseguite da uno stesso artista.