Nascita e formazione del Museo Archeologico Nazionale di Firenze

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Firenze e le correnti culturali a metà dell’800
Il Museo Archeologico Nazionale nasce e si forma in un periodo di intensa attività intellettuale e politica nella Firenze capitale della neonata nazione italiana.
In Europa il pensiero filosofico e le correnti culturali europee cercavano di indirizzare i sentimenti dei popoli che attraverso aspri scontri dovevano ora organizzarsi e identificarsi in un ideale comune. D’altro canto, il rapporto di Firenze con le vestigia del passato era reso esclusivo e particolare proprio dal carattere di tali testimonianze: la città, infatti, era ricca di luoghi che nei secoli avevano contenuto, e in qualche caso cominciato a catalogare, i più disparati repertori del sapere umano, da quello storico-artistico a quello scientifico. Già nel 1853 la Galleria degli Uffizi era stata aperta al pubblico, che poteva ammirare, accanto a statue romane e quadri secenteschi, anche i reperti antichi con cui i membri della famiglia Medici avevano tracciato un filo rosso dai lucumoni etruschi ai granduchi toscani di un territorio che, per corrispondere parzialmente a quello etrusco, sconfinava nei possedimenti papalini.
Sono perciò gli Uffizi a presentarsi, a Firenze, come il primo istituto museale in un’accezione moderna, con il biglietto d’ingresso – gratuito la domenica – custodi preposti alla accoglienza e vigilanza ed etichette didascaliche. Tale spirito innovativo nella presentazione e fruizione dell’oggetto antico si inserisce nella più grande corrente del pensiero positivista: in Italia in questo periodo si viene infatti delineando un sistema di musei locali, nati da un rinnovato interesse delle comunità per il proprio passato e dai risultati delle ricerche scientifiche, e di musei a carattere nazionale sorti sulla spinta delle esigenze di una politica centralizzatrice.
A Firenze la temperie culturale porta all’apertura dell’Istituto di Studi Superiori, una sorta di scuola di perfezionamento, accolta poi nel sistema accademico, oppure alla fondazione di riviste scientifiche e letterarie, la “Nuova Antologia” e il quotidiano “La Nazione”; nel 1865 apre i battenti la casa editrice Le Monnier e nel 1868 viene fondata la Biblioteca Nazionale (inizialmente nei locali amministrativi della Galleria degli Uffizi). In questo clima si cerca di rinnovare l’assetto delle collezioni artistiche e scientifiche presenti nella città: nei musei scientifici c’è una maggiore attenzione all’aspetto didattico, sono forse quelli che più direttamente beneficiano del rinnovamento positivista. All’allestimento dei musei di carattere storico o storico-artistico si dispone una commissione nominata nel 1860, cui una legge del 1866 facilita il compito inducendo le congregazioni religiose a consegnare allo Stato gli oggetti, arazzi, statue, dipinti e libri, raccolti nei secoli.
La formazione dei nuovi musei è legata ai lavori dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze: se con l’impostazione idealista, infatti, si cercava nel museo un tempio consacrato a valori imprescindibili testimoniati dagli oggetti del passato e del presente, con quella positivista si tentava di seguire lo sviluppo storico di una cultura e di una civiltà cercando la complicità tra il luogo di studio e il laboratorio in cui applicare le teorie elaborate: il museo diventa perciò una scuola pratica e di apprendimento al servizio dei professori e degli studenti dell’Istituto.
Nacquero così, negli stessi anni, il Museo di Storia Naturale, l’Orto Botanico, il Museo di Psicologia, il Museo di Antropologia e di Etnografia.
La ricerca e il museo archeologico mantennero anche un’importanza politica: se il “genio” italiano e fiorentino si ritrovavano analizzati e offerti al pubblico nei musei di impostazione scientifica, lo spirito di comunanza politica che stava nascendo doveva essere rafforzato dalla conoscenza approfondita del passato remoto, dei popoli che avevano abitato l’Italia e ne avevano preparato l’avvento come Nazione.